Qualcuno di voi ha voglia di sentire una storia? È una storia vecchia, di altri tempi: è una storia in bianco e nero.
C’era una volta una grande crisi economica che devastava l’Europa, di cui qualcuno ricorda carriole di franchi e inflazione alle stelle. Era un periodo di instabilità diplomatica: i trattati di pace sembravano arrivare verso la fine, i conflitti internazionali si inasprivano e gli Stati si riarmavano. A tutto ciò si aggiungeva una virata della politica interna in diversi stati, con l’ascesa di ideali nazionalisti a svantaggio dei democratici, sia in Italia che in Germania.
Dentro questi movimenti c’erano personaggi di ambigua caratura morale, ma di ottima capacità politica, che arringavano le pance e sfamavano le piazze. La loro provenienza era promiscua: le grandi masse erano di origine contadina, proveniente dai campi periferici alla città, o dal proletariato operaio socialista. Alcuni erano di estrazione sociale più elevata, come nobili, monarchici e alto borghesi, impauriti dalla ascesa comunista. C’erano in loro persino uomini di cultura e di vita pubblica come cantanti, poeti, scrittori e scienziati; nessuno era escluso.
Queste masse rivendicavano diritti sociali basilari come la Riforma Agraria, Pensionistica e scolastica. Venivano punte sull’orgoglio nazionale, in quanto patria e razza superiore da preservare, parole che oggi fanno rabbrividire, ma non è raro sentire. C’era chi era deluso dal finale della prima guerra, chi ne auspicava un’altra in breve, chi ancora voleva uscire dai trattati di pace che regolavano la diplomazia internazionale. E così fu.
Hitler attaccò la Polonia, la Russia rispose a tono, l’Inghilterra si intrufolò, l’America ne approfittò e il Giappone si schierò, la Francia ci provò, l’Italia no. Lo scacchiere era già evidente anni prima del conflitto, già palesemente disegnato: Triplice Alleanza contro Triplice Intesa, anche se l’Italia tardò a palesarsi (che classico cliché Italiano).
Tutto ciò che riguarda questi anni viene definito come il peggior esperimento sociale dell’umanità moderna, culminato con una guerra mondiale e finito grazie all’unificazione pacifica delle nazioni in grandi organismi sovranazionali. La cessione di sovranità è stata ripagata con 70 anni di pace, quantomeno Europea. Il divisionismo nazionalista è stato soppiantato da un globalismo economico e finanziario, basato sui principi di sviluppo e crescita.
Ci sembrano storie lontane, storie che non ci riguardano storie che abbiamo già sentito dal nonno, o dal professore. Per molti, la lezione è stata imparata, la guerra non fa più paura, e la sinistra democratica tiene degnamente testa alle avanzate fasciste. Per alcuni i toni sono calmi e le istituzioni salde. Per tutti non esiste più la propaganda, ma piuttosto una campagna elettorale continua.
Ma adesso che questa crescita sembra fermarsi e che i nazionalismi stanno riprendendo piede, in un periodo di sconvolgimenti politici e necessità sociali primarie non ascoltate dai gruppi dirigenti, proprio ora che l’ignoranza del popolo è percepibile quotidianamente su ogni social network, siamo sicuri che questa storia in bianco in nero non stia cominciando a digitalizzarsi?