“Wie spät ist es?”
È sufficiente una frase per capire la mentalità, non è sufficiente una vita per assorbirla.
Letteralmente significa “Quanto è tardi?” ma, come i più attenti di voi avranno già capito, viene utilizzato correntemente per chiedere l’ora. È la forma più comune ed usata e, a detta del mio Tandempartner, l’unica degna di essere memorizzata. “Quanto è tardi” però non significa “Che ore sono”. La differenza non è una sottigliezza linguistica, non è un errore di traduzione, non è nemmeno un gioco di parole di cui non capiamo il significato: è dettato dalla cultura dell’operosità, che a noi non tange.
“Quanto è tardi” non implica un ritardo, in quanto difficilmente i tedeschi non rispettano un orario. Ricordo che nella prima settimana di lezioni avevo fatto notare ai miei compagni che, nonostante non fossi mai stato il primo a entrare in classe, non ero mai arrivato a lezione iniziata, nonostante tutti i clichè possibili e immaginabili sugli italiani. Un mio compagno mi rispose così: “Non essere in ritardo non significa essere puntuale: noi intendiamo puntualità l’essere 5 minuti in anticipo, senza la fretta che caratterizza i ritardatari”. La differenza è notevole: premettendo che odio i ritardatari sistematici in quanto li reputo mentalmente disorganizzati, odio anche chi arriva in anticipo e mette una inutile, magari non voluta, pressione addosso. Secondo un personalissimo punto di vista, una accettabile puntualità varia da +1 a +10 minuti; dopodichè, sbrocco.
Qualche mese fa andammo a una festa a casa di alcune ragazze greche che avevano fissato l’inizio del party alle 21. Per quanto vi possa sembrare presto, credetemi, non è così: ancora non mi sono abituato a cenare alle 18.30 per cominciare a bere alle 20.30. Una delle “guests” ci racconta che hanno dovuto lavare per terra, mettere a posto i mobili e preparare la sala in 15 minuti, perchè già alle 20.50 qualche autoctono si era già palesato sotto casa. Noi ci presentammo alle 22.30, alla faccia della puntualità e della menefreganza, senza mettere alcuna pressione.
Tornando al “Quanto è tardi”, è un modo per esprimere in maniera diretta l’ansia del rispettare un orario a tutti i costi, sottointendendo a priori che è già tardi per cominciare a muoversi. È un meccanismo mentale che automaticamente, e quasi paradossalmente, ti spinge ad affrettarti per raggiungere l’obbiettivo nel tempo stabilito. Implica contemporaneamente l’avere qualcosa di urgente da fare, per la quale non si può tardare, e il concludere ciò che si sta facendo, in un meraviglioso ciclo di operosità, i cui frutti sono evidenti nella vita di tutti i giorni. Appena arrivato ad Hannover, infatti, la stazione centrale era un cantiere a cielo aperto: linee dei tram deviate, parcheggi provvisori, marciapiedi dissestati. Passato un mese, e non sto scherzando, tutta la piazza antestante Hauptbahnof era finita, tirata a lucido e già funzionante. Un mese fa una tempesta di vento si è abbattuta sulla città; bene, il giorno dopo tutto ciò che era considerato come pericoloso era stato transennato, tre giorni dopo nemmeno più un ramoscello intralciava strade o marciapiedi.
Queste differenze linguistiche possono sembrare stupidi giochetti per filosofi, o semplicemente inutili complessi di un pazzo come me, e magari lo sono. Ma vedendoci qualcosa di più di una semplice inflessione linguistica, ho voluto riportarvi un’altra piccola porzione di cultura tedesca, o meglio, un altro punto di vista italiano sulla cultura tedesca. Concludendo con qualcosa che non c’entra un cazzo, questa sottigliezza mi ricorda una battuta di Beppe Grillo ad uno spettacolo a Milano: “Qua per chiedere quanto costa dite “Quanto le devo”, a Genova diciamo “Quanto mi prende””.
Sottigliezze per alcuni, curiosità per altri.
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