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Tra il niente e il tutto

Caro diario,

Sono stati giorni impegnati, pieni di quelle piccole avventure che a malapena vale la pena raccontare. Avrei voluto metterne giù qualcuna, ma il tempo per scrivere era veramente poco. Ho passato infatti 10 giorni di inferno, all’estenuante ricerca di una casa in terra tedesca. Dopo qualche giorno di B&B, Mattia e Mariangela mi hanno ospitato da loro per circa una settimana. Sono stati molto gentili e comprensivi nei miei confronti, e io ho ricambiato con qualche spesa e presto donerò loro un po’ di vero pesto genovese, tanto prezioso quanto buono lontano da casa.

Dopo qualche rocambolesca avventura, che prima o poi vi racconterò in maniera del tutto fortuita, mi trasferisco a Dreyenstr. 9, dietro Glocksee. L’appartamento è in uno studentato “elitario”, come l’ha definito Ettore, dove ognuno ha una camera, e comprende due bagni e uno spazio comune. Al momento sono felicemente solo in tutto l’appartamento, e la camera è molto nuova e spaziosa.

Al mio stesso piano, al lato opposto del corridoio, vivono Ettore e Sahan, il suo coinquilino iraniano. É un ingegnere che lavora come ricercatore alla Leibniz, musulmano praticante e di vedute piuttosto ampie. Molto curioso della nostra cultura, spesso ci fa domande sull’idea occidentale di religione, Stato e sesso, e noi curiosi quanto lui chiediamo a nostra volta di spiegarci il suo punto di vista. Quanta ricchezza creiamo in una piccola stanza di uno studentato, solamente parlando e conoscendo.

Qui rivedo la famosa citazione di George Bernard Shaw in merito alla superiorità dello scambio culturale rispetto a quello materiale: immaginate di essere con un amico avere una mela a testa, una rossa e una verde. Tagliate così la mela a metà e quella metà la scambiate con l’altro, e vi sembrerà di integrarvi con lui, ma avrete comunque una sola mela. Se invete siete con un ragazzo proveniente da un’altra cultura e entrambi vi scambiate un’opinione, alla fine del dialogo sarete entrambi ricchi il doppio di quanto non foste prima. Se avete orecchie per ascoltare, e bocca per ben parlare, potete puntare ad essere i più ricchi del mondo, e lo sarete se anche il vicino sarà pronto come te ad arricchirsi.

L’altro giorno sono andato a comprare marijuana al parco vicino a casa. Lo so sembrerà un cambio di discorso improvviso, ma così non è. Era domenica pomeriggio, il sole splendeva, e il fiume che divide il parco dalle case popolari rifletteva i raggi del sole con una casuale intermittanza. Era domenica pomeriggio, e tutti si godevano il giorno di riposo facendo una bella passeggiata, approfittando del bel tempo. E io con loro, ne approfittavo per smaltire la sbornia della sera prima. Mi siedo sulla panchina su cui erano seduti altri due ragazzi, uno centrafricano e l’altro mahgrebbino, intenti a girare una canna.

”Hallo, wie geht’s?” chiedo al ragazzo africano

”Alles gut, bei dia?”

”Es geht, danke. Eine Zehna?”

“Sicher” mi risponde repentinamente. Poi attacca a parlare in un tedesco masticato e incomprensibile, alchè lo stoppo con la classica frase „Entschuldigung, aber mein Deutsch ist sehr schlecht.” Che poi continua con un “Kannst du langsamer sprechen?” se è un tedesco, oppure “Konnen wir Englisch sprechen?” se uno straniero, tantopiù incomprensibile come questo.

Questo cambio di lingua deve aver facilitato anche lui, perché tutto felice mi chiede da dove vengo a cosa faccio qui. Io gli chiedo lo stesso, e scopro di aver davanti un somalo di 35 anni, appena arrivato da 5 anni in Svezia e 8 in Italia, a Udine. Vedendomi interessato a proseguire la conversazione, mi chiede se voglio restare a fumare la canna che stava girando, ed io accetto. Parliamo per 20 minuti io e questo ragazzo, mentre il maghrebino stava più sulle sue, e diceva di non saper parlare altro che tedesco e arabo.

A un certo punto, passa una coppia di ragazzi tedeschi, ariani quanto ci si può immaginare da un tedesco. Si fermano 5 metri prima della nostra panchina, scendono dalla bici, e la spingono titubanti davanti ai nostri occhi per una quindicina di metri, in totale silenzio. Così risalgono sulla bici e riprendono a pedalare.

Questa scena gela i ragazzi a fianco a me, e io ammutolisco con loro. Questo è il razzismo 2.0, condito da una dignità schifosa, senso di superiorità e pregiudizio del tutto simili a quelli degli anni ’30. Io sono abituato a un’altra forma di razzismo, violenta quanto brutale, ma quantomeno fondata su un’ignoranza insalvabile, e quindi che mi provoca compassione. Questa forma di ignoranza invece è borghese, e quindi modificabile in sè. Venendo dalla stessa estrazione culturale, sono sicuro che sia così.

Io ho imparato che ti può insegnare più un viandante per la strada che un amministratore qualsiasi, e viceversa, e che se offri una guancia al prossimo quello ti darà un bacio, e raramente uno schiaffo. Non dico che avrebbero dovuto salutare, nè tantomeno mettercisi a parlare come ho fatto io, ma quantomeno non dimostrare di sentirsi in una situazione di pericolo, in quanto non poteva esserci alcun tipo di pericolo in quel frangente. Tre ragazzi, di cui due forse non proprio raccomandabili, seduti su una panchina un giorno di sole, a chiacchierare beatamente, senza degnare di uno sguardo i passanti. Ora, che senso ha fermarsi, attirare l’attenzione, e poi riprendere una volta superato l’ostacolo?

Nessuna logica, solo paura nata dall’ignoranza. Perché quello che loro sanno degli immigrati è che rubano, e chi glielo dice solitamente è una TV o un parente, spesso ariano quanto loro. E non mi riferisco a tutti gli ariani, ma a quei due che tanto mi hanno fatto arrabbiare, e tanto male han fatto al mio amico somalo.

In questa cornice c’è tutto il discorso della ricchezza fatto in precedenza, e spero di portare altri esempi di vita a supporto della tesi. C’è il ragazzo somalo, disponibile a parlare e a raccontarmi qualcosa di sè, ad ascoltare un giovane ragazzo italiano e, magari inconsapevolmente, ad arricchirsi; il ragazzo mahgrebino, che l’unica cosa che ho capito di lui è che ascolta solo musica araba e non gli piace il reggae, e chiuso nella sua sfera arabo-tedesca non è interessato a fraternizzare e ad arricchirsi, costruendo muri di pericolosa ignoranza; ci sono i due ragazzi ariani, che terrorizzati dal pregiudizio, ma rimanendo germanamente composti, ci hanno fatto notare il loro disagio al nostro confronto, quando potevano ignorarci come tutti i passanti avevano fatto fino a quel momento.

Poi ci sono io, incosciente ragazzo italiano che vuole scoprire il mondo e, forse un po’ ingenuamente, crede che ciò muova in tutte le persone, e per questo motivo vuole conoscerne ogni sfaccettatura. Il fascino che esercita il potere del ricco è tanto quanto il fascino della ricchezza di un pover’uomo che stenta ogni giorno a mettersi a dormire.

Spesso penso che non vorrei mai essere in nessuno dei due posti, per godermi meglio il viaggio della mia vita da una via centrale ma separata, a equidistanza tra il niente e il tutto, che si intenda denaro o amore per la vita. Così dal centro potrò ammirarli entrambi, e scrivere di uno e dell’altro, senza tentazioni o precipizio.

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