Ottakring, mercoledì pomeriggio d’estate. Il cielo sereno e la temperatura mite mi convincono ad abbandonare lo studio e ad andare al campetto. Ad Ottakring ce ne sono diversi: il mio preferito si trova davanti alla imponente chiesa di Ottakring. Hasnerstraße, ponte della ferrovia e poi a destra dopo l’angolo con la farmacia.
A Vienna ho scoperto l’importanza di spazi pubblici frequenti. Le file di palazzi che si diramano dal centro alle più remote periferie sono regolarmente interrotte da piccoli spazi verdi. Un paio di alberi, qualche panchina sparsa, un campetto da calcio o da basket. Se si è fortunati si incrocia un praticello, o un quadrato di sabbia in cui giocare a beach-volley. Quando nessun ragazzo gioca, questi si trasformano in una fantasia di castelli di sabbia e buche profonde una decina di centimetri.
Quattro adolescenti giocano “porta a porta”, mentre uno li osserva in disparte. Stufo di non partecipare, o magari affranto dal non saper giocare, si allontana e raggiunge una comitiva appollaiata sulla panchina fuori dalla gabbia metallica. Fumare sì che è per tutti.
Dall’altro lato della grata ci sono due canestri con le retine, metalliche come il tabellone. Il gesso bianco integra le linee sbiadite che delineano il campo in miniatura. Quelle rare volte che la palla- lanciata senza grazia da un paio di ragazze- entra a canestro, un sinistro rumore di catene le esalta, spronandole a ritirare.
Un gruppo di bambini urlanti irrompono nel campo, prendendone possesso con quella prepotenza innocua che solo i bambini si possono permettere. Il gioco che più li sollazza consiste nel lanciarsi la palla addosso. Mi ricorda quando giocavamo a palla avvelenata nella palestra del liceo, se non fosse per la spropositata violenza di periferia con cui scagliano certe sassate. Un lancio più forte del dovuto innervosisce un bambino- che si lancia imprecando contro il suo avversario. La baruffa ha un che di comico nel suo sviluppo. Il bambino più alto prova a far da paciere, mentre i due amici imitano goffamente la posizione di qualche boxeur veduto in televisione. La scena attira l’attenzione degli adolescenti nel campo adiacente- che vengono a far valere il loro essere “grandi”. A quell’età, è più la forza a legittimarli che la maturità. Un ragazzo robusto, più alto di me, si mette in mezzo alla discordia, obbligando i litiganti a scuse feticce. L’assicurazione alla giustizia è stato l’unico frangente in cui si è parlato tedesco.
Capisco che le dinamiche con cui si è agito sono familiaristiche- se non familiari. Un gruppo di mamme ascoltano musica orribile ad alto volume, fumando sigarette e bevendo birra. Un paio di mc nuggets accompagna il loro chiacchierare, senza interromperlo. Sputacchiando e starnazzando, gettano un occhio preoccupato sulla lite nella gabbia, senza muovere un dito. Appena i giudici intervengono- ritornano al loro inconcludente meriggiare.
Un paio di adolescenti, dai lunghi capelli biondi e la carnagione chiara, camminano ridacchiando tagliando il parco nel mezzo. Al passaggio di fronte alla panchina, i cinque ragazzi alzano contemporaneamente la testa dai giochi sullo smartphone, mentre le viandanti lo abbassano imbarazzate sulla strada, secondo una perfetta complementarità.
Un piccolo cane annusa l’aria pesante tormentata dal fumo di un barbecue. Come lui, anche io mi chiedo curioso da dove provenga quel buon odore di carne alla brace. La padrona invece non sembra preoccuparsene. Fuma freneticamente, come se questo non fosse un pomeriggio sereno al parco. “Chissà cosa la affligge”, penso. Poi, girando lo sguardo, noto una delle mamme increspare le labbra rifatte per prepararsi ad un selfie a braccio teso vero l’alto, decisamente troppo old school. “Forse niente” aggiungo.
Un signore sulla sessantina guida lento un passeggino gigantesco, da cui spunta il viso tondo di un neonato esagitato. Quello che credo sia il nonno fa smorfie e movimenti bruschi per distrarre il bimbo dal suo pianto isterico- senza sortire alcun effetto. Poco dopo si ferma, siede sulla panchina e parcheggia il passeggino al suo fianco. Con calma esemplare, pulisce la pipa con gesti minuziosi. Prepara il tabacco, sfila i fiammiferi dal taschino della camicia e accende la pipa con un tiro lungo ed esperto. Il bambino, forse rasserenato dalla maestranza del nonno, riposa dolcemente.
Tutto, e dico tutto, ricorda il mio quartiere d’infanzia. Le faide, lo sport, le ragazze, la insormontabile differenza d’età. Le lezioni di vita imparate a suon di spintoni, le punizioni della collettività che passano tramite le mani dei più grandi, il senso di appartenenza a questa o quella famiglia, la coesistenza forzata di bambini violenti e bambini vittime. Tutto- davvero tutto- mi ricorda casa. E come a casa, anche qui nessuno parla tedesco.