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Mese: Giugno 2018

Questione di Coraggio.

Giugno 13, 2018

Sfogo personale scritto il giorno dopo l’attentato di stampo fascio-leghista a un gruppo di immigrati.

04.02.2018

Nessun morto, fortunatamente; sei ragazzi feriti, perché immigrati, da un italiano ignorante, perché razzista. Luca Traini, legato ai partiti fascisti di Forza Nuova e Casapound e recentemente iscritto alle liste della Lega Nord, esemplifica perfettamente cosa succede quando ignoranza, esclusione sociale e incitamento alla violenza e all’odio coesistono. Non voglio si parli di pazzia, non voglio lo si tratti come un caso isolato, perché frutto di due diverse politiche ugualmente dannose alla società italiana, che ne ostacolano il progresso e la maturazione.

La prima colpa è sicuramente dell’ignoranza dilagante: chiunque abbia fatto politica negli ultimi venti anni deve sentirsi coinvolto, perché il degrado della cultura dell’italiano medio è dovuto a continui tagli trasversali all’istruzione e alla promozione dell’arte. La politica perpetuata negli anni è di carattere neo-liberista: favorisce le scuole private a quelle pubbliche, destinando crescenti finanziamenti alle prime rispetto alle seconde e alimentando, di conseguenza, la forbice culturale italiana: chi ha meno soldi riceve un’istruzione di qualità inferiore rispetto a chi si può permettere miracolanti istituti privati. L’effetto di queste politiche è una chiara e inarrestabile esclusione della classe che un tempo veniva definito proletariato da quella borghesia che, sempre più, si divide tra chi sogna l’aristocrazia (ma di questa si può permettere solo il sogno) e chi lotta per evitare di affondare.

La seconda e più recente colpa è il crescente incitamento all’odio perpetuato da alcuni partiti più di altri: Lega Nord in primis, e in maniera diversa anche da Casapound e Forza Nuova. La Lega, non più Nord per accogliere quelli che prima venivano chiamati “terroni”, propone un odio a 359 gradi: gli unici a non essere presi di mira sono loro stessi, anche se, poiché l’odio porta odio, finiranno per auto-accusarsi e odiarsi intestinamente.

Ogni parte della popolazione deve essere rappresentata, ed è per questo che l’astuto Salvini ha deciso di rappresentare quella crescente quota di italiani che, non avendo mai studiato un libro di storia o letto un articolo di economia, parlano di immigrazione come di una “emergenza” (ignorando l’aspetto storico, per non dire di quello umano, dei flussi migratori); o ancora propongono di uscire dall’Euro e dall’Europa, perché quando avevano la Lira si credevano più ricchi, e se non più ricchi, più italiani (FN e CP). Salvini è un lupo che invece di mangiare le pecore, raccoglie i loro voti. Se la moralità fosse il sole, quella merda di Salvini non riuscirebbe mai a seccarsi, data la sua repellenza alla cultura.

Non voglio che si parli di caso isolato, di pazzia individuale, poiché le condizioni esterne non lo permettono. Non voglio dire che non sia possibile una sparatoria casuale, una furia omicida dettata dalla pazzia dell’uno rispetto ai molti: è successo e, purtroppo, capiterà ancora (e siamo fortunati a non avere, ancora, il numero di armi pro-capite degli americani). È successo con Igor il Russo, con Kabobo e molti altri esempi di deviazione mentale dovuta rispettivamente a fervenza religiosa ed esclusione sociale. Se ci fosse un movimento che incita la violenza con il machete nei confronti degli Italiani, avrei condannato loro prima di Kobobo. Lo stesso vale per Igor, che non aveva nessuno a spingerlo nell’ammazzare se non il proprio senso di inquietudine. Quello di Luca Traini è un altro caso. È un ragazzo debole, influenzato da amicizie sicuramente non salutari, fomentato da pagine Facebook in cui il pane quotidiano è l’odio verso l’altro, che questi sia “Negro, Grillino, Pidiota o la Boldrini”. Magari guarda un canale come Rete 4, in cui la notizia meno faziosa è offerta dalla salma di Emilio Fede, e che tra “Dalla vostra parte” e “Quinta Colonna” raggiunge livelli di populismo e ignoranza mai toccati da nessuna altra rete televisiva, né ora né in passato.

Chi fomenta l’odio deve sentirsi responsabile di atti simili. Se la Lega fosse coerente con la sua propaganda non rinnegherebbe l’accaduto. Salvini trovi il coraggio di ammettere che i suoi post fuorvianti, le pagine a lui dedicate, l’accettazione di un linguaggio barbaro e vile, l’attacco sistematico del nemico (anche se questi è la presidente della Camera), l’aumento della paura nei confronti del diverso sono tutti fattori scatenanti della sparatoria nelle Marche. Salvini trovi il coraggio di continuare a vomitare odio anche il giorno stesso e il giorno dopo tale attentato, invece di aspettare che le semplici memorie dei suoi elettori cancellino il presente, per continuare un domani secondo le stesse dinamiche. E infine, Salvini trovi il coraggio di essere quello che dice: trovi il coraggio di lavorare come Europarlamentare, mentre accusa gli immigrati di non voler lavorare. Che poi, anche se fosse vero che si accontentassero di 35 euro al giorno (di cui in realtà solo 1,80 finisce nelle tasche dell’etiope di turno), prenderebbero comunque meno di quanto guadagna lui a Bruxelles: il concetto cristiano di pagliuzza e trave viene ribaltato in uno splendido paradosso catto-italiano. Salvini trovi il coraggio di essere razzista, quando nella sua carriera spicca l’adesione ai Comunisti Padani; Salvini trovi il coraggio di rifiutare i voti di quelli che prima definiva “Terroni” e che ora costituiscono una consistente parte del suo gregge.

Salvini trovi il coraggio di definirsi razzista, di definirsi padano, di definirsi Comunista, di definirsi insomma qualcosa, e smetta di dire, invece di essere. Per gente come te, Matteo, l’Inferno non ha posto: come fece Dante con gli ignavi, costretti a seguire un cartello di cui non conoscevano l’iscrizione, così per te la pena potrebbe essere non aver nessun cartello da seguire, e che la tua vita post-mortem sia come quella di una bandiera senza vento: inutile, come la tua vita stessa.

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Una storia in bianco e nero.

Giugno 6, 2018

Qualcuno di voi ha voglia di sentire una storia? È una storia vecchia, di altri tempi: è una storia in bianco e nero.

C’era una volta una grande crisi economica che devastava l’Europa, di cui qualcuno ricorda carriole di franchi e inflazione alle stelle. Era un periodo di instabilità diplomatica: i trattati di pace sembravano arrivare verso la fine, i conflitti internazionali si inasprivano e gli Stati si riarmavano. A tutto ciò si aggiungeva una virata della politica interna in diversi stati, con l’ascesa di ideali nazionalisti a svantaggio dei democratici, sia in Italia che in Germania.

Dentro questi movimenti c’erano personaggi di ambigua caratura morale, ma di ottima capacità politica, che arringavano le pance e sfamavano le piazze. La loro provenienza era promiscua: le grandi masse erano di origine contadina, proveniente dai campi periferici alla città, o dal proletariato operaio socialista. Alcuni erano di estrazione sociale più elevata, come nobili, monarchici e alto borghesi, impauriti dalla ascesa comunista. C’erano in loro persino uomini di cultura e di vita pubblica come cantanti, poeti, scrittori e scienziati; nessuno era escluso.

Queste masse rivendicavano diritti sociali basilari come la Riforma Agraria, Pensionistica e scolastica. Venivano punte sull’orgoglio nazionale, in quanto patria e razza superiore da preservare, parole che oggi fanno rabbrividire, ma non è raro sentire. C’era chi era deluso dal finale della prima guerra, chi ne auspicava un’altra in breve, chi ancora voleva uscire dai trattati di pace che regolavano la diplomazia internazionale. E così fu.

Hitler attaccò la Polonia, la Russia rispose a tono, l’Inghilterra si intrufolò, l’America ne approfittò e il Giappone si schierò, la Francia ci provò, l’Italia no. Lo scacchiere era già evidente anni prima del conflitto, già palesemente disegnato: Triplice Alleanza contro Triplice Intesa, anche se l’Italia tardò a palesarsi (che classico cliché Italiano).

Tutto ciò che riguarda questi anni viene definito come il peggior esperimento sociale dell’umanità moderna, culminato con una guerra mondiale e finito grazie all’unificazione pacifica delle nazioni in grandi organismi sovranazionali. La cessione di sovranità è stata ripagata con 70 anni di pace, quantomeno Europea. Il divisionismo nazionalista è stato soppiantato da un globalismo economico e finanziario, basato sui principi di sviluppo e crescita.

Ci sembrano storie lontane, storie che non ci riguardano storie che abbiamo già sentito dal nonno, o dal professore. Per molti, la lezione è stata imparata, la guerra non fa più paura, e la sinistra democratica tiene degnamente testa alle avanzate fasciste. Per alcuni i toni sono calmi e le istituzioni salde. Per tutti non esiste più la propaganda, ma piuttosto una campagna elettorale continua.

Ma adesso che questa crescita sembra fermarsi e che i nazionalismi stanno riprendendo piede, in un periodo di sconvolgimenti politici e necessità sociali primarie non ascoltate dai gruppi dirigenti, proprio ora che l’ignoranza del popolo è percepibile quotidianamente su ogni social network, siamo sicuri che questa storia in bianco in nero non stia cominciando a digitalizzarsi?

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